Il vento ci spostava in ogni direzione, raffiche a 50 chilometri orari. Siamo scesi dalle auto che non riuscivamo a vedere più lontano di 10 metri, avvolti dalla nebbia. Imbacuccati nei nostri giacconi, avvolti in sciarpe e preoccupati dei cappelli che volavano via, ci siamo cercati per essere il più possibile uniti.
Sotto braccio, per mano, correndo, siamo arrivati sotto al globo di Capo Nord senza nemmeno accorgercene, con le nostre voci e i nostri corpi portati dal vento. Ci siamo cercati e ci siamo trovati, come in tutto il viaggio. Insieme.
Non vediamo il buio da 6 giorni, da quando il nostro viaggio si è spostato verso il grande nord: Danimarca, Svezia, Finlandia e su, fino alla Norvegia… Sempre più luce. È con questo stato d’animo che siamo arrivati a Capo Nord, con il desiderio di vedere il precipizio delle rocce alte 300 metri a picco sul Mar Glaciale Artico. E invece non siamo riusciti a vedere nulla. Capo Nord non si è mostrato esternamente… Capo Nord si è mostrato… Ma dentro, dentro ognuno di noi.
Questo viaggio ha fatto crollare le maschere, facendo crescere a volte la paura, a volte aiutandoci a scioglierci in un abbraccio, in una parola, in uno sguardo. Sembra impossibile essere arrivati fino qui e averlo fatto insieme. Siamo noi e siamo uguali e meravigliosamente diversi, uomini e donne, ragazzi e giovani, che hanno deciso di mettersi in cammino e scommettere tutto su poche importantissime parole: gratuità, fragilità e pace. Soprattutto pace, quella che cerchiamo dentro di noi prima che portarla all’esterno, quella che ci piacerebbe tornasse in Europa.
Per questo siamo partiti, 5000 chilometri fa, ai quali si aggiungono i quasi 100mila passi fatti a piedi nelle città e nella natura sconfinata della Scandinavia. Ci siamo adeguati alle temperature, abbiamo visto cambiare la vegetazione, la flora e la fauna, la lingua e le tradizioni. Le ore di buio hanno fatto posto alle ore di luce e potevamo nasconderci sempre meno, fino ad arrivare a Capo Nord che per ognuno di noi è un obiettivo, una ripartenza, un viaggio che è stato prima dentro e dopo fuori di noi.
Nessuno dimenticherà questi giorni; non lo farà Barbara, con la sua voce sempre un po’ sopra le righe e i suoi capricci quando è stanca; Antonio con la sua voglia di essere sempre protagonista; Valentina con le sue guance rosse quando si imbarazza parlando d’amore; Maklen e i suoi consigli improbabili, Franco e le sue lacrime di commozione. Brith è partito che non voleva partire, poi ha iniziato a scattare foto che erano ritratti, ai suoi compagni di viaggio. È stato il suo modo per esserci.
Martina ha lasciato andare bronci e occhi al cielo e ci ha mostrato sorrisi e sguardi verso gli altri, anche i più diversi da lei. Keyla aveva tante domande curiose e ci ha contagiati con la sua risata, perché “portiamo il sole in ogni posto dove andiamo” è il suo motto.
Matilde era preoccupata dei cambiamenti, ma ha saputo adattarsi, mettendo il gruppo al primo posto. Pietro, il più piccolo, era intimorito proprio per questo, ma ha saputo trovare il suo spazio di espressione e torna a casa “più grande”. Gli educatori, i comunicatori, gli autieri dell’ANAI, gli agenti della Polizia di Stato, il Presidente di Juppiter Salvatore Regoli, hanno fatto da cornice e sostegno e si sono presi cura di questo gruppo di giovani, tutti speciali.
Siamo diventati un unico gruppo ed è stata la carovana a compiere questa impresa, di mettere in crisi, di portare al cambiamento, di farci scoprire forti coraggiosi e insieme fragili. Abbiamo le risposte a tutte le domande? Certo che no, ma abbiamo un modo nuovo di ascoltarci e seguire la strada dentro di noi. E questo ce l’ha insegnato “Destinazione Capo Nord”.